Sinossi

Come comprendere il cambiamento in atto in questi anni caratterizzato da una costante, massiccia e crescente adozione di tecnologia da parte di un numero sempre maggiore di abitanti del pianeta? Come capire cosa sia più conveniente, utile e interessante dell’innovazione che permea la vita di tutti i giorni per singoli, famiglie, organizzazioni e aziende? Come orientarsi tra termini, tecnologie, trend e prodotti spesso capaci di sorprendere per la facilità con cui eseguono operazioni complesse senza essere necessariamente degli esperti?  Cosa ci riserva il futuro?

 

Seguo l’evoluzione legata ai computer da quasi trent’anni anni e mi è sembrato quasi logico cercare di fare il punto della situazione. Da questi presupposti nasce La Fine dell’Era del Buon Senso.

Queste solo alcune delle domande che mi sono posto durante la stesura di questo libro. Seguo l’evoluzione legata ai computer da quasi trent’anni e mi è sembrato quasi logico cercare di fare il punto della situazione. Da questi presupposti nasce La Fine dell’Era del Buon Senso, un lavoro che definisco anche come un airplane project perché è stato effettivamente durante i tanti trasferimenti ad alta quota che ho avuto un po’ di tempo per mettere a fuoco le idee, i concetti e le scoperte fatte nella vita di tutti i giorni. La trasformazione in qualcosa di più articolato e strutturato ha richiesto un po’ di tempo e solo recentemente mi sono reso conto di avere assemblato un qualcosa che poteva essere ricondotto a quanto siamo soliti definire come un libro, anche se non penso di procedere alla stampa su carta.  La scelta di andare 100% digitale mi sembra in perfetta sintonia con gli argomenti trattati e un ulteriore modo per sottolineare come la produzione, distribuzione e condivisione di contenuti abbia assunto negli ultimi anni connotati e caratteristiche profondamente diverse dal passato.

 

Il testo contiene molti termini in inglese perché – a torto o a ragione – mi esprimo in questo modo e mi sembrava corretto essere naturale e coerente anche nello scrivere. Inoltre, anticipo che in molti passaggi posso sembrare categorico, quasi arrogante per la decisione e fermezza con cui esprimo alcune opinioni. Chi mi conosce lo sa molto bene – lo faccio con il solo intento di essere diretto, chiaro e trasparente nel trasferire le mie idee. È quanto in inglese viene definito come opinionated, cioè un modo di esprimersi che evidenzia i propri convincimenti senza cercare necessariamente di compiacere gli interlocutori e trovare dei compromessi per accontentare tutti. Come effetto collaterale positivo, individuare errori e pensieri sbagliati è molto più semplice e netto se si segue questo stile di comunicazione. Spero di non risultare arrogante. Dovesse essere, sappiate che non era questo l’intento.

 

Passando ai contenuti de La Fine dell’Era del Buon Senso, ho cercato di fornire dozzine di esempi concreti e supportati da numeri per trasferire un messaggio di fondo molto semplice: per la prima volta l’umanità si trova nella condizione di analizzare processi decisionali di qualsiasi genere – dai più semplici ai più complessi – usando strumenti nuovi, accessibili a chiunque e in grado di descrivere la realtà circostante in modo molto più chiaro e preciso che in passato. Ecco perché questa fase storica potrebbe essere definita come di passaggio da uno scenario collettivo dove il buon senso era spesso l’unico strumento a disposizione verso una condizione di maggiore “precisione” nel modo di comportarsi e prendere decisioni.

 

La massiccia adozione di tecnologia ha delle inevitabili ripercussioni sull’ordinamento sociale e sul funzionamento delle collettività.

In questo momento oltre due miliardi di persone sono collegate a Internet attraverso dispositivi di varia natura e questo numero è destinato a crescere. Siamo quindi una IP Society, una società dove ciascuno di noi è teoricamente identificato e raggiungibile attraverso un indirizzo IP, il protocollo di funzionamento di Internet. Partendo da questa considerazione, nel testo racconto quali siano le forze tecnologiche alla base di questo scenario. Ne ho individuate tre: i dati, la connettività e la capacità di calcolo. Mettendo insieme questi tre ingredienti di base si arriva a ottenere quanto sperimentiamo e viviamo ogni giorno quando scambiamo messaggi attraverso un cellulare, apprendiamo notizie attraverso notifiche e noleggiamo o acquistiamo film ad alta risoluzione da vedere su tablet.
La massiccia adozione di tecnologia ha delle inevitabili ripercussioni sull’ordinamento sociale e sul funzionamento delle collettività. Il concetto di stato è in qualche modo messo in discussione o quantomeno bisognoso di interventi e modifiche per rimanere al passo con comportamenti individuali e collettivi fortemente condizionati dall’impiego di tecnologie avanzate. Il problema è di grande complessità e il mio obiettivo è molto modestamente quello di evidenziarne alcuni aspetti legati principalmente alle problematiche connesse con la privacy in un mondo dove la tecnologia diventa predominante.

 

Quali siano le forze trainanti per lo sviluppo del prossimo futuro è il tema affrontato nella parte finale del libro. Sono convinto che la comprensione della voce e lo sfruttamento dei “sensi” degli smartphone (o di altri dispositivi ancora più intelligenti che dovessero nascere nel prossimo futuro) rappresentino due delle linee evolutive principali per i prossimi anni, anche se l’esercizio di anticipare i trend è particolarmente complesso vista la rapidità dei cambiamenti. Se però vi interessa capire come scattare foto sempre a fuoco, trasformare ogni servizio a tennis in un colpo vincente, lasciare che la vostra auto vi guidi per le strade della città, ipotizzare l’insegnamento del futuro e costruire una vita digitale soddisfacente, non vi resta altro che proseguire.

 

Buona lettura!
Stefano